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Pensioni Agricole: negli ultimi dodici anni, l’inflazione ha eroso tra il 4 e il 7 per cento del potere di acquisto.

24 August 2022
Pensioni Agricole: negli ultimi dodici anni, l’inflazione ha eroso tra il 4 e il 7 per cento del potere di acquisto.

Negli ultimi dodici anni, l’inflazione ha eroso tra il 4 e il 7 per cento del potere di acquisto delle pensioni agricole. Il segretario generale dell’Anpa - Associazione Nazionale Pensionati Agricoltori - Santori: “Aggiornare il paniere Istat al mondo di oggi”


La spesa per le pensioni, a causa dell’inflazione, rischia l’esplosione. Diventa prioritario difenderne il potere d’acquisto. In Italia gli anziani percettori di trattamento pensionistico sono più di 16 milioni e la situazione di quelli agricoli diventa sempre più insostenibile. Ne abbiamo parlato con Angelo Santori, segretario nazionale dell’Anpa, l’associazione che riunisce i pensionati di Confagricoltura, da sempre in prima linea su questo tema.

Segretario, è giusto parlare di crisi del potere di acquisto dei pensionati del settore primario?

Come Cupla (Coordinamento Unitario Pensionati Lavoro Autonomo), abbiamo lanciato un vero e proprio grido d’allarme sul reddito di chi, ormai anziano, dopo tanti anni di lavoro si dovrebbe godere il meritato riposo. Per le pensioni degli agricoltori, già basse in partenza, la situazione è ancora più difficile, costringendoli spesso a continuare a lavorare per necessità economiche. Durante il convegno “Difesa del potere di acquisto degli anziani” su pensioni, inflazione e fisco, sono stati presentati dati che non lasciano dubbi: tra il 2009 e il 2021 il potere di acquisto delle pensioni si è ridotto considerevolmente. In particolare, per le pensioni fino a 1.500 euro lorde al mese, la perdita è stata tra il 3,5 e il 4 per cento (circa 40 euro il mese). La riduzione è ancora maggiore per le pensioni di importo superiore: con un reddito di 2.000 euro lordi mensili il valore reale è diminuito del 7%, circa 120 euro il mese: la percentuale sale a circa l’11% per i redditi lordi di 4.000 euro annui. Perdite che, dal 2009 al 2021, hanno raggiunto circa i 4.200 euro per la fascia pensionistica dei 1.000 euro lordi al mese, e circa 34 mila euro per la fascia dei 4.000 euro. Insomma, nei momenti di crisi a pagare sono sempre i pensionati.

Per i pensionati italiani, quindi, si prospetta un futuro difficile?

Se le cose non cambiano certamente sì. La situazione va esaminata prima in dettaglio e poi nel suo complesso. Partiamo dallo sforzo fiscale addizionale subìto negli ultimi dieci anni. Emerge chiaramente una forte discrepanza quando si mette a confronto, a parità di reddito lordo, il prelievo fiscale sui redditi dei pensionati con quello dei lavoratori dipendenti. Questa disparità di trattamento, purtroppo, non è stata superata dalla Legge di Bilancio 2022, causando un ulteriore impoverimento. La causa? L’effetto combinato, come precisamente analizzato dal Cupla, di due fattori: il meccanismo di adeguamento automatico del valore delle pensioni alle variazioni dei prezzi e l’aumento del prelievo fiscale sui redditi pensionistici.

Come pensate di muovervi?

Sicuramente su più fronti. L’Anpa continuerà la sua azione di comunicazione e lobby, sensibilizzando le istituzioni. Come Cupla concerteremo strategie condivise con le organizzazioni sindacali dei pensionati. Da un lato occorre arrivare ad una revisione complessiva del sistema fiscale. I più di 16 milioni di pensionati italiani sono i più tassati d’Europa e la loro tenuta economica è sempre più a rischio. Andrebbe anche modificato, come chiediamo da tempo, il metodo con cui viene calcolata dall’Istat la perequazione automatica, passando dall’indice Foi (indice per le famiglie e gli operai) a dall’Ipca (indice dei prezzi al consumo armonizzato per i Paesi dell’Ue). Una modifica a costo zero per il bilancio statale, che renderebbe il sistema più adatto a tutelare i pensionati, includendo nel paniere nuove voci, come medicinali e costo dell’energia. Si tratta di prendere atto degli esborsi effettivi affrontati dalle famiglie per i consumi finali. Aumentare il netto per i pensionati è un atto doveroso per permettere una vita più dignitosa a chi ha lavorato per tanti anni. Senza azioni dirette a salvaguardare il potere d’acquisto delle pensioni, con la crescita dei costi del gas, della luce e dei generi alimentari si mette in pericolo la coesione sociale spingendo molti pensionati a scivolare nella povertà”.

Di Elisabetta Tufarelli

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